Era il 3 febbraio 1983 quando un ragazzo dai capelli lunghi, gli occhi chiari e un look un po’ trasandato si ri-affacciava sul palco del Teatro Ariston. Era il Festival di Sanremo 1983. Vasco Rossi non era apprezzato (l’anno precedente aveva gareggiato con il brano “Vado al massimo“, senza riscontrare successo), anticonformista e ribelle, che in quell’edizione presentò una canzone che non solo avrebbe fatto parlare i benpensanti e i puristi della musica italiana di quegli anni, ma anche di quelli a seguire.

Sì perchè Vasco nella kermesse del 1983 si esibì con la canzone “Vita spericolata“, un pezzo intimista, strafottente, trasgressivo, che niente aveva a che vedere con i classici Toto Cutugno, Gianni Morandi o i Matia Bazar, presenti con lui in gara.

Talmente tanto sfrontato e menefreghista da abbandonare addirittura il palco prima della fine della canzone, rivelando platealmente l’uso del playback. Scandalo.

“Vita spericolata” si catapultò immediatamente in fondo alla classifica: piuttosto scontato, per gli standard dell’epoca, in cui non si era pronti ad una rivoluzione musicale che di lì a poco avrebbe stropicciato i toni pacati o strettamente melodici dell’universo discografico del nostro Paese, stravolgendoli totalmente.

Dopo quel Sanremo ’83 per il Blasco niente fu più come prima. E nemmeno per la musica in generale.

Oggi festeggiamo i 40 anni di una “Vita spericolata” che Vasco Rossi ha saputo portare avanti con numeri da record, sold out negli stadi e vendite da capogiro, diventando un’icona rock indiscussa per generazioni e generazioni. La sua carriera non si è più intrecciata con il Festival più nazionalpopolare d’Italia, se non per un’ospitata nel 2005 quando a condurre Sanremo era Paolo Bonolis, ma il successo che è conseguito dalla sua ultima partecipazione in gara ha fatto, di per sè, la storia.

Carlotta d’Agostino

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