I Muse, in occasione dell’uscita del loro nuovo album intitolato “Simulation theory”, saranno i super ospiti della finale di “X Factor 2018“.
Matthew James Bellamy è nato a Cambridge nel 1978. Quando aveva 10 anni la famiglia si trasferì a Teignmouth, nel Devon, dove Matt cominciò a studiare pianoforte ma, vittima del vivace virtuosismo esecutivo di Jimi Hendrix, a 14 anni per la prima volta prese in mano la chitarra elettrica e scoprì che il rock sarebbe stata la sua strada per il futuro.
L’adolescente Matt sviluppo ben presto l’ossessione del percepire l’universo intorno a sè, le spiegazioni nascoste che implicano i fenomeni soprannaturali e cosi cominciò a cercare fra le pagine dei libri che spiegavano le teorie sull’origine dell’universo. Nei primi anni dell’adolescenza saltò da una band all’altra spesso anche come tastierista. Fino a quando Dominic Howard, batterista, jazz rocker e suo vecchio amico convince i Carnage Mayhem ad aggiungere Matt come chitarrista alla band. Dopo l’arrivo di Matt, la band fu d’accordo sulla necessità di trovare un nuovo nome quindi divennero i Gothic Plauge, il nome che li classificava fra le band gothic metal degli anni ’70. Il gruppo non faceva altro che sperimentare nell’ambito di punk e indie, suonava cover dei gruppi indie rock statunitensi degli anni ’80 come Nirvana e Sonic Youth ma totalmente disinteressato alla nuova rivoluzione alternativa in corso a Londra operata da parte dei grandi gruppi britannici come i Radiohead.
In quel periodo si aggiunge anche bassista Christopher Wolsthenholme – sopranominato Cheers – e si forma il famoso trio formato da Matt, Dom e Chris. Avevano però bisogno di una nuova identità. Gothic Plauge, infatti, suonava troppo metal, quindi divennero i Rocket Baby Dolls. Per loro la band era una faccenda seria e il nome era privo di significato per un gruppo serio e rivoluzionario. Così, a distanza di una sola settimana dalla loro vittoria nel festival locale “Battle of the bands“di Teignmouth del 1994, nacquero i Muse.

Il 4 ottobre 1999 uscì il loro primo album ufficiale intitolato “Showbiz“, un disco rock progressive abbastanza orecchiabile per gli amanti del pop, ma soprattutto molto profondo per i fan dell’indie rock. “Origin of Symmetry“, Il secondo album della band fu un disco pieno di bombe rock, una cascata di distorsioni devastanti, un equilibrio fra musica latina, blues, metal e sinfonica.
I testi erano racconti fantascientifici sul futuro dell’evoluzione umana, riflessioni sulla consapevolezza e sull’esistenza di qualcosa come l’individualità. Nel 2002, uscì “Absolution“, una raccolta che parlava questa volta di relazioni, quella fra te e il tuo universo, più profondo e più perfetto. “Absolution” non era soltanto il miglior disco dei Muse fino a quel momento, ma un punto di svolta per il loro futuro artistico.
Nel gennaio del 2006 i Muse registrarono il loro quarto album presso gli studi Officine Meccaniche di Milano: “Black Holes and Revelations“, un disco rock vero e proprio, un album che non era soltanto grande, ma assolutamente universale. “Starlight” parlava di quando sei lontano da casa e ti manca la persona che ami, che veniva raccontata dalla prospettiva di un’astronauta abbandonato nell’ignoto, forse per sempre.
A distanza di tre anni, poi, nel 2009 viene rilasciato “The Resistance“, il primo disco fatto quasi del tutto in casa. Un album molto politico, il brano più famoso è “Uprising, un inno rivoluzionario contro i poteri oscuri del nuovo millennio, un’opera emozionante, innovativa, impeccabile e molto apprezzata dal pubblico italiano.
The 2nd Law” del 2012 parla invece delle questioni personali, dei sentimenti dell’individuo: “Madness” è una semplice ballata d’amore, decisamente minimale, “Follow me” è un pezzo melodrammatico che Matt ha dedicato al figlio appena nato.
Nell’estate 2014, Matt segue come tutto il mondo occidentale, le questioni relative dello Stato islamico e comincia a interrogarsi su un’unica domanda: “Cos’è veramente l’Isis?” Nello stesso anno pubblica su Twitter un articolo di William Engdahl, un giornalista americano esperto di questioni geopolitiche che puntava il dito su alcune anormalità nella storia dell’organizzazione Isis. Engdahl ha rivelato che i principali finanziatori dello Stato islamico erano tre paesi arabi: Kuwait, Qatar e Arabia Saudita, ovvero i paesi alleati degli Stati Uniti nello scacchiere sunnita islamico.
Insomma l’articolista dava l’impressione a Matthew Bellamy che l’Isis non fosse altro che un mostro cresciuto ed allevato nell’abbraccio degli americani, al fine di destabilizzare e prendere sotto il proprio controllo i territori importanti dal punto di vista geopolitico e ricchi di risorse petrolifere quelli Siria e Iraq.
Con questi pensieri nasce nel 2015 l’ultimo album della band, “The Drones“. L‘idea di Bellamy era che la psicopatia della guerra non avesse fazioni e non avesse colori, ma che fosse semplicemente una fabbrica internazionale di abusi e di follia che in quel particolare momento storico si era messa a funzionare in maniera piuttosto frenetica.
Oggi, 9 novembre, esce il nuovo album dei Muse, dal nome “Simulation theory”: un nuovo tema, una diversa sperimentazione sonora e musicale della leggendaria band britannica, che con più di 12 milioni di dischi venduti rappresenta senza dubbio uno dei più importanti ed affascinanti gruppi inglesi progressive rock.
La grande sorpresa per il pubblico italiano, però, arriverà giovedì 13 dicembre, perchè i Muse saranno i super ospiti internazionali della finale di “X Factor 2018” in onda alle ore 21.15 su Sky Uno e in diretta dal Mediolanum Forum di Assago.
Il gruppo tornerà poi in Italia nell’estate del 2019 per due concerti imperdibili, a Milano e Roma.

Hadi Farahmand

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