
Prosegue all’Atlantico di Roma lo “Sputnik tour” di Luca Carboni, che sembra approdare sul palco atterrando direttamente da una navicella spaziale.
Ieri sera il cantautore bolognese ha cantato e suonato per quasi due ore di grande spettacolo, ripescando dal suo repertorio alcuni dei più grandi successi, fino ai brani dell’ultimo e fortunato progetto discografico. Uno sguardo sul futuro magico, a tratti anche molto divertente, arricchito da quella genuinità e vena romantica che contraddistingue Luca e la sua musica.
La capacità di Carboni è di saper guardare lontano, molto lontano, scavalcando le mode e l’omologazione della musica odierna, ma pur sempre conservando il sapore degli anni ’80.
Lo “Sputnik tour” dipinge i palchi d’Italia con colori accesi e scenografie ammalianti, avvalendosi di effetti speciali, tra luci fluo e neon quasi accecanti, attraverso un maxischermo, posto alle spalle della band.
Apre lo show con alcuni brani del suo ultimo album come “Segni del tempo“, “Amore digitale“, “Il Tempo dell’amore“, “Figli dell’amore“, poi saluta il pubblico romano sottolineando il forte legame e l’affetto con la capitale. “La prima volta che venni a Roma era il 1983, avevo appena 21 anni e quando firmai quel contratto sognavo di poter vivere di musica. Da allora sono passati 35 anni e quel sogno posso dire di averlo realizzato, questo anche grazie a voi!”.
La musica riprende con il brano “L’amore che cos’è”, pezzo di successo degli anni ’90. Il pubblico viene catturato dalla nostalgia del passato, dal ritmo contagioso di basso, batteria e chitarre. Immancabili nei testi di Luca Carboni le citazioni alla sua città, tanto da portarla sempre in giro con lui in “Bologna non è una regola“.

La serata si accende di rosso fuoco con “Il mio cuore fa ciock“, completamente stravolta nelle sonorità, fino a “Farfallina“, che fa riflettere sul valore della libertà.
Le chitarre sintetizzate la fanno da padrone, creando un’atmosfera elettrizzante. E dopo la delicatezza di “Silvia lo sai” Luca accelera il passo e ne piazza una dopo l’altra: “Luca lo stesso” e “Inno Nazionale“dettano il ritmo della serata, fino ad arrivare ad “Una grande festa!“. Dopo una breve pausa, Carboni torna sul palco, accompagnato dalla sua band, in accappatoio arancione e gli inseparabili occhiali da sole; un momento goliardico tutto da gustare e da ballare perché è la volta di “Ci vuole un fisico bestiale” grande successo del 1992. Con “Dieci minuti” si torna, invece, ad atmosfere più soft, sino a sognare in “Mare Mare“, con melodie calde e avvolgenti e la valanga di sentimenti contrastanti che si porta dietro. Le lancette si spostano di nuovo, si torna ancora più indietro nel tempo con una pazzesca “Fragole buone buone“, che infiamma il teatro. Carboni regala sorrisi e tra entusiasmo e divertimento si finisce ai saluti finali, al retrogusto di nostalgia e vecchi ricordi con la romantica “Vieni a vivere con me”.
Ieri è stata davvero una grande festa, di quelle che ti lasciano il segno e l’emozione di una serata trascorsa in un clima unico, intraprendendo un viaggio tra passato, presente e futuro. C’è tanta energia nelle canzoni di Luca, poesie profonde che trovano riscontro nei giovani e nei meno giovani, che si sentono ampiamente rappresentanti nei suoi racconti di vita, strappando sorrisi, lacrime ed applausi.