Il 2 novembre 2018 è uscito l’album di debutto del rapper romano Fasma, intitolato Moriresti per vivere con me?”. Fasma è un artista molto giovane che a soli 22 anni si presenta alla scena italiana con un album estremamente personale, orecchiabile e per diversi motivi interessante. Lo abbiamo incontrato nella cornice del suo instore firma-copie presso la Mondadori di Piazza Duomo a Milano e ci abbiamo scambiato due chiacchiere.
Subito ci siamo trovati di fronte un ragazzo dalla personalità molto forte, la cui sicurezza però non è un riflesso arrogante del carattere, tutt’altro, è la sua genuina freschezza, la sua voglia di comunicare a più persone possibili quello che prova dentro, per condividere con altri esseri umani sensazioni e pensieri, che lo porta a essere schietto, sereno, aperto.
Fasma, etichettato spesso come “emo-trapper”, come “dark-boy”, tutte definizioni che l’artista stesso rigetta fortemente, è semplicemente un ragazzo felice. Un ragazzo felice di aver trovato un canale di comunicazione privilegiato, uno strumento per sfogare la sua creatività e trasmettere le sue idee. Questo canale, questo strumento, è l’arte; e nel suo caso, la musa si è rivelata essere ancora una volta la musica.

Eccoci qui, Fasma, grazie per il tuo tempo. Ti farò qualche domanda intorno all’uscita del tuo primo album in assoluto, uscito venerdì scorso 2 novembre: “Moriresti per vivere con me?”
Sì, è un piacere.

Ho notato che i brani del tuo album sono piuttosto corti di durata, sembra che tu scriva di getto. Immagino che tu scriva in casa, questo per le immagini che evochi con la tua scrittura, diciamo che ti immagino in casa, in una stanza appartata… dove lo fai? In che momenti? Com’è il processo? Cosa succede?
Allora in realtà i pezzi li scrivo quasi tutti direttamente in studio, poi però io non smetto mai di scrivere, sono sincero, in qualsiasi momento se mi viene l’ispirazione lo faccio, ovunque io mi trovi. Però diciamo che solitamente il pezzo lo scrivo direttamente mentre GG (Luigi Zammarano ndr) fa la base. Contemporaneamente, mentre GG suona le prime note, i primi accordi al pianoforte, mi si forma già tutta la struttura in testa di come potrebbe venire la canzone. È comunque sempre GG che dà la struttura musicale del brano. Diciamo che la scrittura di getto è sia della parte musicale che della parte testuale.

Tra l’altro le basi nel tuo album hanno sonorità eterogenee, è persistente la soluzione di pianoforte, ma molte basi sono cross-over, fanno trapelare un’attitudine hardcore-punk… Hai mai suonato in una band? Quanto è importante la musica, il beat, nella tua scrittura lirica?
Allora, guarda, io sono sincero, come ho sempre detto definirci è qualcosa che ho sempre odiato, perciò la definizione di emo-trap è qualcosa che ho sempre smentito. Io per primo, perché la musica è influenza, un’influenza che logicamente ti devi far tua, e proprio per questo l’influenza ci sta sempre. Magari un’influenza non troppo voluta, ad esempio io non ho una grande conoscenza dell’arte rock o punk e dintorni, riconosco questa influenza che mi hai fatto notare, ma è qualcosa che magari viene dall’interno, da dentro di me, inconsapevolmente, capisci? Ci sono dei brani che ascolto e dico: “Mmh… potrei fare qualcosa anch’io così”, ma mai con l’arroganza di dire: “Io-sono-come”, ma “Io voglio farlo” e allora lo faccio, punto. È la mia musica, posso fare quello che mi pare. Per quanto riguarda il discorso della band, no, non ho mai suonato in una band. Ho iniziato a prendere lezioni di chitarra proprio due settimane fa. La scintilla è stata la voglia di poter portare un domani un pezzo suonato live. C’è anche da dire che la mia vita da artista mi permette di poter aumentare i miei hobby, aumentare lo sviluppo mentale. Cerco di tenere allenata la mia parte mentale, magari un giorno suonerò anche il pianoforte… Ci sono davvero così tante cose che si possono fare, perché non farle?

Nel tuo disco ho percepito atmosfere americane, alcuni brani sono crunk alla Lil Jon, vi è un richiamo anche al cinema hollywoodiano, a mio parere. Quali sono i tuoi gusti cinematografici?
Non ritengo di imitare nessuno. Sono sincero, come ti ho detto la musica parte da me. L’influenza può derivare dall’inconscio o può essere ricercata coscientemente, vedila in questa maniera. Non mi va di definirmi in qualche persona, in qualche artista e dire: “E’ così, anche io faccio così”, perché davvero, nei miei brani da solo l’influenza stessa non l’ho mai riscontrata. Se vogliamo parlare di cinema… Allora, il cinema mi fa assolutamente impazzire. Il genere che preferisco sono gli horror e ritengo che vengano sempre sottovalutati, perché un regista horror deve fare uno studio sulle inquadrature, sulla scelta fotografica, davvero notevole. Poi per il resto esiste la classifica IMDb, che riporta i 100 migliori film della storia del cinema, e secondo me le persone dovrebbero vedersi tutti i film presenti su quella lista. A me ad esempio ne mancano pochi. La gente dovrebbe proprio fare così, dire: “Oggi mi vedo questo” e iniziare a farsi una cultura cinematografica. Il cinema è una grande arte.

Sei Più Marilyn o più Manson?
Musicalmente, quando scrivo, totalmente Marilyn. Quando sono al di fuori totalmente Manson.

Sei molto dark nelle atmosfere, lo stesso disco è uscito il 2 novembre, il giorno di commemorazione di tutti i morti… è stata una scelta voluta o casuale?
Il destino l’ha voluto, non io. (ride ndr)

Sei di Roma e sei assolutamente dark, tu per davvero, che cosa differenzia Fasma dalla Dark Polo Gang?
…  (non risponde ndr)

 Ok, passiamo all’ultima domanda. Con la tua arte ti rivolgi a qualcuno in particolare?
A me stesso secondo me. Non avrei mai pensato di essere qui a fare quello che mi ritrovo a fare adesso grazie alla musica. La musica nasce come sfogo personale, poi che possa aiutare qualcun altro è una consapevolezza che mi dà la voglia di impegnarmi di più, però tutto questo nasce per me stesso, totalmente, e per nessun’altro.

Federico Guarducci

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