
Spettacolo News ha avuto il grande piacere di intervistare il Maestro Bruno Santori, direttore musicale di “Radio Italia Live: il concerto”, che ha presentato proprio recentemente il suo nuovo progetto, intitolato“JAZZ&REMO IL FESTIVAL”. Il Maestro Bruno Santori ed i suoi musicisti si sono cimentati in arrangiamenti in chiave jazz di celebri canzoni presentate nel corso degli anni al Festival di Sanremo, dando vita a brani di straordinaria eleganza e particolarità.
Come è nato il progetto discografico “Jazz&Remo il Festival”? Quali sono le caratteristiche che lo descrivono al meglio?
Il progetto “Jazz&Remo il Festival” nasce dal desiderio di realizzare un tributo al Festival di Sanremo in occasione dei quarant’anni dalla mia prima partecipazione, che avvenne nel 1976 come tastierista della famosa band di quel tempo, i “Daniel Sentacruz Ensemble”. Le caratteristiche del progetto musicale “Bruno Santori quartet” sono quelle di togliere spazio e temporalità alle canzoni del Festival di tutti i tempi, svestendole di quei suoni che caratterizzano il loro tempo e ri-arrangiandole con armonie e strutture ritmiche di quel jazz senza tempo, senza però cambiare la riconoscibilità melodica dei brani. Dopo essermi divertito con diverse canzoni del Festival, portandole a compimento insieme a Fabio Crespiatico (basso) Stefano Bertoli (batteria) e Giulia Puglies (voce), passando da alcuni concerti fatti insieme al Blue Note di Milano, siamo approdati con una certa naturalezza alla realizzazione del disco, senza nemmeno averlo mai effettivamente deciso. Durante quest’ultimo anno, in vari concerti in Italia e all’estero, hanno “jazzato” con noi i propri brani del Festival anche Michele Zarrillo, Fausto Leali e Roby Facchinetti. Il progetto vorrebbe proprio portarci a jazzare con i grandi artisti italiani sul loro repertorio, che il mondo ci invidia e che aspetta di sentire e risentire in varie forme e sonorità.
Com’è cambiato secondo lei il Festival di Sanremo in questi ultimi anni?
Il cambiamento è avvenuto semplicemente facendo diventare il Festival da evento musicale ad evento televisivo e mediatico. Da molto tempo penso che ormai le canzoni e gli artisti siano un semplice strumento efficace al fine di una produzione che mira a concretizzare i numeri di ascolto, affinché questi possano essere resi commerciali in termini di spazi pubblicitari e non solo. Si sa che i dischi non si vendono più e quel che resta è la televisione e le sue dinamiche. Le radio che promuovono l’evento e che veicolano gli ascolti conducono poi a quel business supplementare che viene generato dalla televisione e che porta gli artisti a partecipare al mercato dei live in Italia e all’estero.
Per tanti anni in Italia c’è stato un evento musicale molto atteso, il Festivalbar. Si sente oggi la mancanza di questa manifestazione, oppure è stata ben sostituita da altre?
Il Festivalbar aveva un senso nel tempo in cui c’erano i jukebox nei bar e in questi venivano consumati buona parte degli ascolti. Oggi non è più così e quindi questo evento sarebbe sicuramente obsoleto e snaturato da quell’elemento principale che lo ha visto nascere. Credo che ora sia la rete ad avere sostituito il bar e, se proprio non se ne può fare a meno, è da lì che potrebbe o dovrebbe nascere qualcosa di nuovo ed utile.
Sarà direttore musicale di “Radio Italia Live: il concerto”: che apporto darà al concerto? Cosa c’è da aspettarsi?
Il mio apporto è di natura strettamente musicale: mi occupo degli arrangiamenti e dell’orchestra, fino a dirigerla portando a compimento l’esibizione dei cantanti sul palco. Ci aspettiamo tanta buona musica e milioni di persone che, come nelle passate edizioni, si faranno coinvolgere dalla piazza, dalla radio e dalle TV.
I ragazzi di oggi amano molto la musica: lei come racconterebbe questa sua passione? Quali sono stati gli episodi più determinanti, che l’hanno poi convinta a seguire questa strada?
La musica è pensiero e come tale va espressa e sostenuta. La musica rappresenta le fondamenta principali della mia vita, senza le quali non sarei in alcun modo ciò che sono stato e quel che sono attualmente. Considerarla un lavoro non è proprio possibile, però neppure la si può considerare solo un fatto artistico, perché spesso è anche condivisione, socialità e a volte anche politica. Raccontarla come una pura passione diventerebbe un romanzo che io non saprei scrivere, però a chi ne è coinvolto e per chi non può vivere diversamente desidero dire che servono coraggio e determinazione per non venir risucchiati da quel vortice che spesso chiamiamo successo e al quale, molte volte, dobbiamo cedere tutti noi stessi in cambio di quei risultati economici e sociali di una certa rilevanza. Gli episodi più salienti di un’esistenza in musica spesso sono le piccole cose, che se raccontate non verrebbero facilmente comprese, ma quel che conta è non perdere mai il contatto con ciò che ci ha portato ad essere musicisti, cantanti o compositori, ovvero l’ideale secondo cui attraverso i suoni si possa rappresentare noi stessi.
La musica è oceano e un lupo di mare che non riconosca la forza di questo elemento è destinato al naufragio.
Carlotta d’Agostino