Siamo stati all’anteprima stampa del documentario “Bansky: l’arte della ribellione” al Palazzo del Cinema Anteo di Milano.
Un gruppo sparuto di persone di ogni età con il viso coperto dalla mascherina riunito insieme, ma distante, per scoprire qualcosa in più sulla street art, oppure, chissà, per godere semplicemente di essa.

Tempo grigio, discorsi da Covid, si spengono le luci nella sala.

Il documentario di Elio Espana “Bansky: l’arte della ribellione” catapulta lo spettatore nella Bristol e, più in grande, nell’Inghilterra del dopoguerra fino ai primi anni ’80. Questo è il periodo di maturazione e i moventi che portarono l’arte di strada ad emergere. Dal boombing, dai graffiti, agli stencil, alle installazioni, all’arte di strada. Si arriva poi fino ai nostri giorni passando per un viaggio mozzafiato e illuminante.

Il racconto viene snocciolato da artisti, impresari d’arte, biografi, esseri umani che hanno vissuto Bansky in prima persona, che hanno lavorato fianco a fianco con l’artista fantasma, con il famosissimo signor nessuno.

Bansky è riuscito a far emergere l’arte dai tombini, l’ha rubata, sradicata dai musei, dalle gallerie e l’ha portata in strada. Per tutti, gratis.
L’arte di Bansky è facile, divertente, intelligente, d’impatto. Incuriosisce lo spettatore e lo spettatore è letteralmente chiunque. C’è sempre un’idea dietro un lavoro dell’artista, una preparazione e un piano che portano la sua arte un passo oltre i graffiti.
Un graffittaro mediocre che diventa il capostipite di un nuovo movimento artistico che porta i graffittari su un altro livello.

Bansky è un vandalo, un grande comunicatore e un fine osservatore.
Il dilemma nasce quando le gallerie, il mondo delle aste, delle quotazioni, dei soldi, si appropinqua con interesse al fenomeno e cerca di ingoiarlo. Ecco che le sue opere di strada vengono valutate e l’artista del popolo reso un elemento di tendenza.

Come reagisce e come si trasforma Bansky al contatto diretto con soldi, fama e riconoscimento?

Il documentario racconta benissimo tutte le vorticose incursioni della sua arte nel mondo là fuori e fin dentro le gallerie più prestigiose del mondo. Cercando sempre di stupire, ma non solo per il gusto di colpire l’attenzione, ma per portare altresì un messaggio, per gridare qualcosa di invisibile, ma di assolutamente reale.

Qualcosa di sconosciuto, di mai visto prima.
Qualcosa che si fonde benissimo con l’arte di Bansky, proprio perché Bansky una faccia non ce l’ha.

“Bansky: l’arte della ribellione” è un documentario diretto da Elio Espana e prodotto da Spiritlevel Cinema.

Il film sarà visibile nelle sale cinematografiche italiane solo il 26, 27 e 28 ottobre distribuito da Adler Entertainment.

Federico Guarducci

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