Ci sono personaggi che vivono nell’eterna giovinezza dell’immaginario collettivo, come se il tempo per loro non passasse mai. Eppure l’età avanza per tutti e questa volta a soffiare sulle 70 candeline è proprio lui: Carlo Verdone.
Attore, regista, scrittore e produttore cinematografico. Da oltre 40 anni interpreta i vizi degli italiani, le loro manie, sfruttando la sua sorprendente comicità camaleontica. Il cinema era scritto nel suo destino. Suo padre, Mario, docente universitario e celebre critico cinematografico, gli trasmette la passione. Carlo era un ragazzo semplice, sognatore ed ambizioso. Si dedicava giovanissimo alla realizzazioni di corti ma è nelle cantine di quartiere che, con una serie inarrestabile di numeri da cabaret, riesce a dare il meglio di sé. Grazie a quei personaggi arriva in tv attirando l’attenzione di Sergio Leone, che intuì il forte potenziale dell’attore romano.
E’ il 1980 l’anno della svolta. Carlo Verdone debutta alla regia in “Un sacco bello”, in cui interpreta alcuni personaggi del suo repertorio teatrale come Ruggero, un hippie convinto di aver avuto una crisi mistica che vive in una comunità dove si professa l’amore libero. Poi c’è Enzo, coatto romano che cattura l’attenzione con i racconti di sue improbabili imprese e conquiste.
L’anno successivo l’attore romano replica con un’altra pellicola cult, è la volta di “Bianco, rosso e Verdone”: qui è il calcolatore logorroico Furio con la disperata moglie Magda, che a stento lo sopporta. Sempre in questo film troviamo un altro iconico personaggio, Mimmo. Ingenuo giovanotto e tenero “bambacione” alle prese con l’indimenticabile “Sora Lella”, nel ruolo della nonna.
Borotalco”, film del 1982 affiancato da Eleonora Giorgi, è una delle pellicole a lui più care, per sua stessa ammissione. Qui è Sergio, un venditore porta a porta mite e impacciato che contatta la bella e spigliata collega Nadia/Giorgi per essere affiancato da lei e migliorare le sue tecniche di vendita.

Carlo Verdone inizia a siglare un successo dopo l’altro fino a coinvolgere, nelle sue pellicole, un altro gigante del cinema italiano, Alberto Sordi. Strano a dirsi, ma non fu amore a prima vista tra i due pilastri della romanità e della commedia italiana.
E’ servito il tempo a far cambiare idea al grande Albertone su quel ragazzino che anni prima definì “un fregnone”. Solo dopo “In viaggio con papà” nel 1982 e “Troppo forte” del 1986, tra i due nacque un legame d’amicizia profondo che unì il discepolo al maestro fino alla morte di quest’ultimo.

Verdone nella sua lunga e straordinaria carriera ha dato vita a parodie specifiche degli italiani più strambi e caratteristici: il bullo coatto, l’hippie di mezza età, il bonaccione, il pignolo, l’emigrato meridionale. Ma sicuramente tra tutte queste quella che ritroveremo con maggiore frequenza nei suoi film è quella di Sergio Benvenuti (Borotalco). Una sorta di mito, spesso perdente dal punto di vista materiale, ma ineccepibile sul piano della moralità. Verdone è stato sempre riconosciuto dalla critica come l’erede naturale di Sordi, cosa che lui molto umilmente non ha mai approvato. Ma alle maschere di Verdone manca l’arrivismo e il cinismo tipico di Sordi, forse è proprio qui il gap tra questi due pilastri del cinema, anche se ad unirli c’è lo sguardo affettuoso per le persone e la descrizione della società con forte satira.

Ma nessuno dei film citati, eccetto “Borotalco”, è tra i film preferiti di Carlo Verdone. Nell’elenco spiccano altri titoli come “Compagni di scuola” (“direi che come regista fu il più compatto e coraggioso”), “Maledetto il giorno che ti ho incontrato” (“mi venne molto poetico ed amabile: una commedia europea lontanissima dalla commedia italiana”), “A lupo a lupo” (“lo amo in quanto molto autobiografico e un po’ nostalgico”), “Viaggi di nozze” (“fu perfetto, un piccolo trattato sociologico, soprattutto nell’episodio di Ivano e Jessica. Anticipatore di molti aspetti che oggi ci ritroviamo: è un film non solo comico… è una pellicola sul cinismo e la solitudine”).

Oggi Carlo Verdone compie 70 anni e festeggia con 40 anni di carriera. I suoi personaggi sono cresciuti con lui e si sono adattati alla metamorfosi della società. L’ingenuo sprovveduto dei primi anni ha lasciato il passo a un uomo maturo che non si vergogna di mostrarsi senza punti fermi. Ma qual è il segreto dell’attore romano per essere l’idolo di generazioni e generazioni? Sicuramente è quella forte autenticità, quel marchio di fabbrica unico nel suo genere e nel suo cinema che lo hanno consacrato nel tempo. “‘N che senso?!” Nel senso che lui è Carlo Verdone!

Sara Brestolli

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