
Attore, regista, scrittore e produttore cinematografico. Da oltre 40 anni interpreta i vizi degli italiani, le loro manie, sfruttando la sua sorprendente comicità camaleontica. Il cinema era scritto nel suo destino. Suo padre, Mario, docente universitario e celebre critico cinematografico, gli trasmette la passione. Carlo era un ragazzo semplice, sognatore ed ambizioso. Si dedicava giovanissimo alla realizzazioni di corti ma è nelle cantine di quartiere che, con una serie inarrestabile di numeri da cabaret, riesce a dare il meglio di sé. Grazie a quei personaggi arriva in tv attirando l’attenzione di Sergio Leone, che intuì il forte potenziale dell’attore romano.

L’anno successivo l’attore romano replica con un’altra pellicola cult, è la volta di “Bianco, rosso e Verdone”: qui è il calcolatore logorroico Furio con la disperata moglie Magda, che a stento lo sopporta. Sempre in questo film troviamo un altro iconico personaggio, Mimmo. Ingenuo giovanotto e tenero “bambacione” alle prese con l’indimenticabile “Sora Lella”, nel ruolo della nonna.

“Borotalco”, film del 1982 affiancato da Eleonora Giorgi, è una delle pellicole a lui più care, per sua stessa ammissione. Qui è Sergio, un venditore porta a porta mite e impacciato che contatta la bella e spigliata collega Nadia/Giorgi per essere affiancato da lei e migliorare le sue tecniche di vendita.
Carlo Verdone inizia a siglare un successo dopo l’altro fino a coinvolgere, nelle sue pellicole, un altro gigante del cinema italiano, Alberto Sordi. Strano a dirsi, ma non fu amore a prima vista tra i due pilastri della romanità e della commedia italiana.
E’ servito il tempo a far cambiare idea al grande Albertone su quel ragazzino che anni prima definì “un fregnone”. Solo dopo “In viaggio con papà” nel 1982 e “Troppo forte” del 1986, tra i due nacque un legame d’amicizia profondo che unì il discepolo al maestro fino alla morte di quest’ultimo.
Verdone nella sua lunga e straordinaria carriera ha dato vita a parodie specifiche degli italiani più strambi e caratteristici: il bullo coatto, l’hippie di mezza età, il bonaccione, il pignolo, l’emigrato meridionale. Ma sicuramente tra tutte queste quella che ritroveremo con maggiore frequenza nei suoi film è quella di Sergio Benvenuti (Borotalco). Una sorta di mito, spesso perdente dal punto di vista materiale, ma ineccepibile sul piano della moralità. Verdone è stato sempre riconosciuto dalla critica come l’erede naturale di Sordi, cosa che lui molto umilmente non ha mai approvato. Ma alle maschere di Verdone manca l’arrivismo e il cinismo tipico di Sordi, forse è proprio qui il gap tra questi due pilastri del cinema, anche se ad unirli c’è lo sguardo affettuoso per le persone e la descrizione della società con forte satira.
Ma nessuno dei film citati, eccetto “Borotalco”, è tra i film preferiti di Carlo Verdone. Nell’elenco spiccano altri titoli come “Compagni di scuola” (“direi che come regista fu il più compatto e coraggioso”), “Maledetto il giorno che ti ho incontrato” (“mi venne molto poetico ed amabile: una commedia europea lontanissima dalla commedia italiana”), “A lupo a lupo” (“lo amo in quanto molto autobiografico e un po’ nostalgico”), “Viaggi di nozze” (“fu perfetto, un piccolo trattato sociologico, soprattutto nell’episodio di Ivano e Jessica. Anticipatore di molti aspetti che oggi ci ritroviamo: è un film non solo comico… è una pellicola sul cinismo e la solitudine”).
Oggi Carlo Verdone compie 70 anni e festeggia con 40 anni di carriera. I suoi personaggi sono cresciuti con lui e si sono adattati alla metamorfosi della società. L’ingenuo sprovveduto dei primi anni ha lasciato il passo a un uomo maturo che non si vergogna di mostrarsi senza punti fermi. Ma qual è il segreto dell’attore romano per essere l’idolo di generazioni e generazioni? Sicuramente è quella forte autenticità, quel marchio di fabbrica unico nel suo genere e nel suo cinema che lo hanno consacrato nel tempo. “‘N che senso?!” Nel senso che lui è Carlo Verdone!
Sara Brestolli