
Negli ultimi tempi abbiamo avuto la possibilità di scoprire sempre di più al cinema e in TV le qualità di attrice Ilaria Spada. Protagonista del film “Tutta un’altra vita” (con Enrico Brignano e Paola Minaccioni, attualmente nelle nostre sale cinematografiche), la Spada ha recitato in altre importanti pellicole cinematografiche fra cui “Questa notte è ancora nostra“, “Un matrimonio da favola“, “Gli ultimi saranno ultimi” e “Vacanze ai Caraibi“, ma anche in numerose fiction di successo come “I liceali“, “Immaturi – La serie“, “Che Dio ci aiuti“. In questa intervista Ilaria Spada si racconta, raccontandoci alcuni dei momenti più importanti della sua carriera, ma anche qualche piccola curiosità sulla sua vita privata.
Ilaria Spada è attrice, ma anche volto televisivo e ballerina. La danza per te è sempre stato un qualcosa di fondamentale. Cos’è esattamente? Cosa ha rappresentato nella tua vita?
Ho iniziato a danzare e a studiare danza classica all’età di 3 anni e per tutta la prima parte della mia vita è stato il modo in cui riuscivo veramente ad esprimermi, a sentirmi libera da ogni costrizione. Da piccolina era un divertimento, in un certo senso anche di coquetterie, perché era molto femminile, il tutù ed il vestirsi in quel modo piace a molte bambine. Col tempo è diventato molto di più, è diventata la mia vita. Non uscivo con le mie amiche perché studiavo 4 ore al giorno, mi impegnavo moltissimo e anche quando ero a casa non smettevo di ballare. Occupava quasi 24 ore perchè, escluse le ore del sonno, era per me un bisogno continuo quello di ballare. Anche quando tornavo da danza mi chiudevo nella mia cameretta e continuavo a farlo. Alle volte piangevo, alle volte ridevo… Era un modo catartico di canalizzare e superare alcune emozioni ed è stata la mia prima via di fuga, ma anche di introspezione.
Hai lavorato in diverse fiction televisive, fra cui “Immaturi – La serie”, “Provaci ancora Prof!”, “Che Dio ci aiuti”, “La dama velata”, “Don Matteo”: c’è stato un set in particolare in cui hai potuto tirar fuori maggiormente qualcosa di te e ti ha lasciato un po’ di nostalgia quando le riprese sono terminate?
Diciamo che ogni set ed ogni esperienza lavorativa è sempre un’occasione per fare due operazioni: essere altro da sé (credo sia la cosa che ogni attore ricerca il più possibile), perché è la cosa più divertente e poi però inevitabilmente ogni personaggio – un po’ come un abito – viene riempito anche della sostanza più profonda dell’attore e quindi ogni personaggio è altro da me ma è anche me. Se dovessi indicarti quello a cui sono più legata non me ne viene uno in particolare: “Immaturi” e “Che Dio ci aiuti” sono le fiction più recenti, ma mi hai citato anche “Don Matteo” ed ora, ripensandoci, posso dirti che ricordo con grande piacere quell’esperienza. Eravamo a Gubbio ed il fatto di girare – anche per parecchio tempo – lontano da casa, creava un’atmosfera speciale. Questo stare lontano da casa creava una bolla parallela alla mia vita quotidiana e quelle persone erano diventate come una famiglia. Mi ricordo tante cose belle: con gli addetti ai lavori avevamo costruito un rapporto, al di là degli attori, proprio con tutti i reparti. Mi divertivo molto con il reparto trucco e capelli, ma anche con tanti altri che lavoravano nella serie. Passando tanto tempo insieme cominciava a crescere anche una grande intimità. Lo ricordo poi come un periodo della mia vita in cui sono successe cose belle, importanti, di crescita mia personale, in quella solitudine che a volte potevo vivere stando lontana da tutto. Ricordo momenti di approdo ad alcune consapevolezze importanti.
Neri Parenti, Carlo Vanzina, Massimiliano Bruno, Paolo Genovese sono solo alcuni dei registi con cui hai lavorato per il grande schermo: ci sono degli episodi che ricordi col sorriso legati al cinema, magari alcuni insegnamenti o momenti importanti? Quali?
Anche qui mi hai citato dei registi con cui mi sono divertita tantissimo, li ho amati veramente tanto! Massimiliano Bruno, Paolo Genovese, Neri Parenti… Però mi hai nominato anche Carlo Vanzina che è salito al cielo e non è più con noi, ma che ci guarda sicuramente. Mi viene voglia quindi di parlare di Carlo, che era veramente un regista che faceva un cinema apparentemente di intrattenimento, però in realtà ha segnato un’epoca, un certo tipo di cinema. Il tutto bilanciato da un garbo, da un’eleganza, di una delicatezza proprie di Carlo e da una cultura immensa. Avendo lavorato con lui, ricordo la piacevolezza dello scambio dialettico, che si arricchiva sia degli eventi che hanno caratterizzato la sua vita – essendo figlio d’arte aveva un bagaglio di ricordi enorme appartenente al cinema del padre ma anche suoi, personali, legati alla sua carriera. Erano momenti di spasso e anche di sogno, perché raccontava un certo cinema che adesso non c’è più, un’epoca storica per il cinema (ma in generale per l’umanità) che chiaramente è molto lontana da noi. Era bello, era appassionante ascoltarlo, era molto divertente, coccolava moltissimo noi attori, ci portava in posti meravigliosi sia a girare, sia in ristoranti buonissimi dove mangiare… Diventava un convivio, una sorta di “simposio”, in cui si rideva molto, ma si parlava anche di tante cose.
In questo periodo sei al cinema con il film “Tutta un’altra vita”, in cui reciti al fianco di Enrico Brignano e Paola Minaccioni ed interpreti Lola: com’è il tuo personaggio?
Lola è un personaggio a cui mi sono affezionata subito perché racconta una ragazza che ha avuto una delusione, forse anche più di una in campo sentimentale e che, ad un certo punto, per non soffrire decide di prendere distanza dai sentimenti. Senza rivelare nulla – perché vorrei che il pubblico che ci legge andasse al cinema! – posso dire che Lola indossa una sorta di maschera, una delle tante che probabilmente in molti portano per stare al mondo. Lola ne decide una che evidentemente le costa troppo e poi, incontrando Gianni che dice invece di chiamarsi Temistocle, interpretato da Brignano, torna a contatto con una parte di sé che, seppur messa da parte, è ancora molto presente e viva, ardente, sotto quell’apparente freddezza e distacco. E’ una ragazza che per certi versi è molto moderna – per il fatto che tutto nasce da un suo voler mettere da parte la parte più bella della sua femminilità ed è una cosa che ahimè a volte accade nelle donne che si sono sentite tradite – per sembrare più forti e credere di poter affrontare meglio la relazione con il maschile. Chiaramente invece a vincere credo – e anche il film un po’ lo rivelerà – sia il ritornare all’autenticità dei ruoli, in cui la donna è altro da questo stereotipo aggressivo e dominante, che è la parte che viene più fuori delle donne in questo periodo.
Sei sempre stata molto riservata per quel che riguarda la tua vita personale: come vivi l’era dei social e quanto hanno stravolto, secondo te, la reale esistenza e quotidianità delle persone? Ci sono cose che magari facevi prima ed ora non fai più perché pensi “mi affido alla tecnologia…”?
Sì, devo dire che preferisco tenere per me certe cose, altre volte invece c’è il piacere di raccontarle perché è bello, a me piace leggere delle interviste in cui personaggi hanno voglia di condividere le cose belle della vita, mi dà speranza, ma anche quelle di sofferenza, perché in certi casi ci si riscopre infondo tutti nella stessa condizione. Noi facciamo parte di un mondo, quello dello spettacolo, che dà l’idea di chi ce l’ha fatta, la sensazione che chi è noto ha una vita migliore, diversa e quindi invece è anche bello comunicare al pubblico che ti segue e che ti accompagna in maniera sincera e quindi potersi anche aprire a delle piccole confessioni che possano aiutare chi legge a identificarsi o a raccogliere dei suggerimenti, perché magari si è passati attraverso una situazione e magari abbiamo potuto trovare una soluzione da suggerire. Ecco questo mi piace. Il fatto invece dei social mi piace meno, perché spesso promuovono soprattutto il meglio di sé stessi e questo crea un complesso a chi guarda, a chi usa i social per confrontarsi, per misurarsi e lo trovo alle volte un po’ vuoto. Come quando un tempo si scattavano le fotografie, chiaramente poi si sceglievano gli scatti migliori. Il fatto di far diventare un profilo social appunto un profilo di se stessi – lasciando intendere che si è in un certo modo – lo trovo troppo limitativo e non corrispondente alla verità, quindi diciamo che sto imparando a usare i social piano piano, cercando un registro che mi rappresenti di più, cercando un modo di raccontarmi che mi corrisponda. Faccio fatica a condividere cose molto intime e sto iniziando ad affacciarmi… A volte scopro anche un divertimento! Nella giornata non è neanche facile trovare un tempo per mettersi sul divano e curare i propri profili sul web!
Gli impegni sono sempre tanti, tra lavoro e famiglia soprattutto (ora sei anche diventata mamma per la seconda volta…!): come ti piace passare il tempo libero che ritagli tra le mille cose da fare? C’è un posto del cuore che ami visitare, una passione o uno svago a cui cerchi di non rinunciare mai?
Allora quando voglio riposare e mi voglio ricaricare la cosa che faccio prima di tutto è passare del tempo con la mia famiglia, con mio marito e i miei figli. E’ la cosa che mi rigenera di più e mi nutre profondamente. Poi mi piace molto stare all’aria aperta, il contatto con la natura. Amo la montagna, ma va bene qualunque luogo di natura – dalla campagna al mare, o anche il parco che ho dietro casa a Roma. Quando sono lì immersa, nel suo silenzio, nel suo ritmo, quel silenzio mi nutre tanto ed è come se rimettesse me nel ritmo giusto, in ascolto delle cose importanti, perché a volte e i ritmi quotidiani le penalizzano. Quindi sì, ti direi natura e famiglia prima di tutto, ma anche la mia famiglia di origine, i miei genitori, mia sorella, insomma… Sono i due ingredienti di ricarica.
Se dovessi presentarti, raccontarti, farti conoscere attraverso delle parole scritte nero su bianco, e non mostrandoti attraverso i film… in che modo parleresti di te? Come ti descriveresti?
E’ una domanda molto complicata perché parlare di sé – nonostante noi attraverso le interviste in qualche modo già lo facciamo, raccontiamo di noi – non è facile. Non credo di avere nulla di particolare che mi contraddistingua. Credo che dovendomi presentare ti direi “Mi chiamo Ilaria, sono anch’io una creatura in cammino che cerca di realizzare l’opera per cui sono qui su questa terra, sperando di non mancare il bersaglio e cercando di imparare sempre di più ad amare in maniera incondizionata. Cercando di prendermi la parte migliore della vita che è appunto Amare e lasciarsi amare. Sono in cammino e lavoro per questo.”.
Carlotta d’Agostino
